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MARA FAZIO

Il teatro di Weimar ieri e oggi

Il teatro di Weimar ha rappresentato l’ultima grande civiltà teatrale europea. A Weimar non c’erano solo teatri, spettacoli e pubblico, c’era un solido contesto teatrale, un tessuto teatrale vario e complesso, reso possibile oltre che dal livello degli operatori teatrali dall’alto livello del pubblico e della critica.

Negli  ideologici Anni Settanta il Teatro di Weimar  era molto popolare -anche in Italia- perché veniva identificato con il teatro politico. Oggi che è tutto così diverso, cosa si salva di quella straordinaria stagione? Cosa  scegliere per illustrare il Teatro di Weimar?

Prima di tutto la regia. Reinhardt, Jessner, Piscator sono tra i maestri della regia del Novecento, vengono tuttora studiati, non semplicemente ricordati. Hanno sperimentato, incrementato, legittimato la regia che era nata da poco, facendone un’arte nuova, autonoma, e anticipando il grandissimo ruolo che la regia avrebbe avuto in Germania nel XX e XXI secolo.

Un secondo elemento da ricordare è l’alto livello qualitativo della critica teatrale. Decine di spettacoli ogni mese, recensiti da decine di critici di riviste ma sopratutto di quotidiani, servivano da guida agli spettatori e spesso innescavano polemiche che duravano giorni. Il caso più interessante è quello delle dispute tra Herbert Ihering  sul “Berliner Börsen-Courier” e Alfred Kerr sul “Berliner Tageblatt”.

E poi naturalmente va ricordato Brecht. In Italia Brecht da un lato è stato emarginato in quanto marxista, dall’altro è diventato a suo dispetto un classico di cui si conosce il nome, ma che si legge e si rappresenta poco. Eppure Brecht anche in quest’era post-ideologica ha ancora  molto da dire. La sua idea dello straniamento si è affermata  nel teatro occidentale anche presso chi non si dice e non si considera suo discepolo. E soprattutto Brecht ha una preziosa qualità che dovrebbe renderlo immortale: insegna a pensare.

© 2017 by Daniela Padularosa.
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