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ANTONELLO BIAGINI

Tra rivoluzione e reazione

La conferenza per la pace di Parigi nel 1919. La Conferenza che si apre ai primi di gennaio del 1919 a Versailles dovrebbe ridisegnare la carta d’Europa nel rispetto dei postulati che progressivamente si sono consolidati nella cultura politica e dare soddisfazione alle innumerevoli richieste, spesso contrastanti. Le potenze vincitrici intendono progettare un nuovo assetto europeo allo scopo di costituire un “sistema” di relazioni internazionali in grado di escludere da lì in avanti l’uso dello strumento bellico per la risoluzione dei conflitti. Si cerca, cioè, di dare piena attuazione alle speranze e alle attese maturate in seno all’opinione pubblica durante i difficili anni di guerra e a tale obiettivo concorre la costituzione della Società delle Nazioni, nata da tale presupposto ideale. La dissoluzione dei grandi Imperi plurinazionali, unitamente alla fine del militarismo prussiano e dell’espansionismo a esso collegato, avrebbe dovuto aprire una nuova epoca caratterizzata dalla presenza di quelle nazionalità che finalmente diventavano soggetti di diritto internazionale con un proprio Stato sovrano, libero e indipendente. I popoli oppressi, le “nazionalità senza storia” (Bauer) avevano maturato durante il conflitto la piena consapevolezza dei loro diritti. Se questo è il contesto generale, però, la tensione ideologica interna alle varie società produce effetti contrastanti e contradditori, aprendo un periodo di crisi e di instabilità lungo un ventennio. Paradossalmente, è proprio a Versailles che si verifica il naufragio di tutti i presupposti ideologici, poiché alla fine prevale la vecchia logica delle grandi potenze, ben decise a rimanere tali.

Agli onerosi risarcimenti economici le potenze vincitrici (Francia e Inghilterra) aggiungono il criterio della responsabilità morale del conflitto. Un elemento – come ha sostenuto il grande storico Franco Gaeta – assolutamente nuovo nell’ambito delle relazioni internazionali. Dunque la Germania (l’Impero asburgico si dissolve) attraversata da una profonda crisi identitaria e da una forte contrapposizione tra forze politiche reazionarie e conservatrici e quelle, come i movimenti spartachisti, che si ispirano al mito e al modello della rivoluzione bolscevica dell’ottobre 1917. Crisi di identità, crisi sociale e crisi economica sono alla base del fallimento della Repubblica di Weimar che pure aveva come legge fondamentale una Costituzione democratica estremamente avanzata.

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